Il compositore Matteo D’Amico ed il regista Saverio Marconi protagonisti oggi (domenica 26 luglio) dell’Aperitivo Culturale agli Antichi ForniIl compositore Matteo D’Amico ed il regista Saverio Marconi protagonisti oggi (domenica 26 luglio) dell’Aperitivo Culturale agli Antichi ForniIl compositore Matteo D’Amico ed il regista Saverio Marconi protagonisti oggi (domenica 26 luglio) dell’Aperitivo Culturale agli Antichi Forni

26 Luglio 2009

Foto di Alfredo Tabocchini
Illustrano al pubblico le caratteristiche musicali e drammaturgiche della nuova opera in prima assoluta il 26 e 29 luglio al Cine-teatro Italia per lo Sferisterio Opera Festival.

Dopo molti anni di assenza il figlio torna a riabbracciare la famiglia e chiede una stanza nel vecchio alberghetto gestito dalla madre e dalla sorella; ma aspetta prima di farsi riconoscere e – per un malentendu, un malinteso – viene assassinato dalle due donne, che vogliono impadronirsi del denaro di quell’ospite sconosciuto, ultima vittima di un lungo elenco di uomini assassinati e depredati nella locanda. Sembrerebbe una fatto di cronaca nera ma così non è: il nucleo drammarturgico dell’opera LE MALENTENDU è l’incomunicabilità tra persone, il naufragio totale degli esseri umani in un mondo assurdo e senza via d’uscita, come ha spiegato oggi il compositore Matteo D’Amico che firma musica e libretto della nuova opera stasera – domenica 26 luglio ore 21 – in prima assoluta al Cine-teatro Italia di Macerata per lo Sferisterio Opera Festival.
L’incontro con il compositore e con il regista dell’opera, Saverio Marconi, si è tenuto alle 12 di oggi agli Antichi Forni di Macerata, nell’ambito dei 17 Aperitivi Culturali promossi dall’Associazione Arena Sferisterio in collaborazione con Sferisterio Cultura. Un appuntamento seguito da un pubblico attento e curioso di conoscere trama e caratteristiche dell’opera e del nuovo allestimento in scena stasera 26 luglio e mercoledì 29 luglio al Cineteatro Italia con la direzione di Guillaume Tourniaire, le scene di Gabriele Moreschi e il disegno luci di Valerio Tiberi (protagonisti, Elena Zilio, Sofia Solovij, Mark Milhofer, Davinia Rodriguez, Marco Iacomelli).
“Albert Camus, scrivendo il libro, non ha puntato sul gioco di equivoci e di errori come il titolo lascerebbe pensare – ha affermato Matteo D’Amico – bensì sulla presenza del ‘non detto’, una delle problematiche dell’uomo dei giorni nostri”.
Il compositore si è soffermato sulle scelte musicali: “Rispetto al testo originale, in lingua francese, di altissima qualità letteraria, la scelta è stata di mantenere intatta la struttura, alleggerendone solo il peso complessivo. L’intimità e l’interiorità della vicenda, che si consuma tutta in poche ore tra le mura disadorne di un piccolo albergo di una sperduta provincia europea, hanno chiamato con sé un organico quanto mai ristretto e, per così dire, in ‘bianco e nero’: cinque archi, una fisarmonica e un clarinetto. Quello che creano è come un velo di ghiaccio sopra il quale scorre il canto, un canto che quasi sempre è autentico ‘messaggero’ della parola. Ho sentito qui il bisogno di lasciar fluire nel modo più piano possibile le cristalline battute dei personaggi di Camus, battute lucide, taglienti, asciutte, che sembrano però non permettere ad essi di comunicare veramente. I momenti di accensione lirica, che di continuo si fanno largo, sono come brevi esplosioni, tensioni estreme per riuscire almeno a dire ciò che non si riesce a comunicare”.
Il regista Saverio Marconi ha sottolineato la bellezza di una musica che “arriva dritta allo stomaco”, ed ha raccontato le caratteristiche dell’allestimento in cui cui l’azione non si sviluppa nel palcoscenico ma al centro della platea del Cine-Teatro Italia, con il pubblico sistemato tutto intorno. “Uno spazio aperto circondato da occhi curiosi, interessati, critici, annoiati o indifferenti – ha detto – che da’ al pubblico la possibilità di osservare i dettagli dell’anima. Stanze senza pareti che, pur dividendo, permettono di vedere le varie solitudini. In questo luogo nessuno riesce mai ad incontrarsi davvero. C’è poi la figura del domestico, personaggio che rimane in silenzio fino alla fine. Sembra una entità che conosce cosa sta per accadere. Sarà forse Dio? La risposta ho cercato di lasciarla aperta”.
L’incontro agli Antichi Forni sè è chiuso con il del direttore artistico Pier Luigi Pizzi ai presenti ed al direttore d’orchestra Guillaume Tourniaire, ed infine con il brindisi finale con il Verdicchio di Matelica delle Cantine Belisario.

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