Lo spettacolo sarà diviso in due parti di 80 e 63 minuti con un intervallo di 20 minuti.
sostiene la serata del 14 agosto
SINOSSI DI AIDA
Atto I. Menfi, antico Egitto. Aida è una schiava, rapita dagli Egizi durante la loro spedizione militare in Etiopa. In realtà tutti ignorano la vera identità della prigioniera: Aida è infatti la figlia del re etiope Amonasro, il quale prepara una incursione in Egitto per liberarla. Ramfis, capo dei sacerdoti, informa Radamès, capitano delle guardie, della prossima invasione dell’esercito etiope. Il sacerdote, dopo il colloquio per Radamès, si reca dal Re per comunicargli il nome del condottiero, svelato dalla dea Iside, che dovrà guidare le truppe alla difesa del “sacro lido”. Radamès sogna in cuor suo di essere il prescelto, per la gloria dell’Egitto e per l’amore, ricambiato, di Aida. Di Radamès però è innamorata anche la figlia del Re Amneris che, intuito l’amore tra i due, arde di gelosia. Il Re annuncia che Iside ha designato quale guida dell’esercito Radamès, il quale esulta e viene acclamato a tornare vincitore. Di fronte a questa notizia, Aida è sgomenta. Non può rassegnarsi a veder morire il proprio amato, ma neanche augurarsi la riduzione in schiavitù del padre e del suo popolo. Ramfis, all’interno del tempio di Vulcano, investe ufficialmente Radamès del comando tramite cerimonie solenni.
Atto II. All’interno del suo appartamento, Amneris si prepara alle celebrazioni per il vincitore Radamès; nel mentre, giunge una disperata Aida. Amneris, sempre più sospettosa, mente alla sua schiava, annunciandole la morte in battaglia di Radamès. Di fronte a tale notizia, Aida crolla e rivela l’amore per il condottiero egizio. Colma di furore, Amneris minaccia Aida e la obbliga ad assistere al trionfo dell’Egitto. L’esercito vittorioso sfila di fronte al Re, alla figlia e ad Aida la quale nota il padre Amonasro tra i prigionieri, vestito come un semplice ufficiale. Amneris incorona Radamès per l’impresa compiuta e il Re lo invita a domandare qualsiasi cosa. Il desiderio di Radamès è quello di lasciare in libertà i prigionieri: il Re acconsente, ma su consiglio di Ramfis, trattiene come pegno di pace Aida e il padre; accorda inoltre la mano di Amneris a Radamès, che regnerà sull’Egitto.
Atto III. Sulle rive del Nilo, Amneris, condotta da una barca, si reca al tempio per pregare. Sulle rive è presente anche Aida che attende in segreto Radamès. Scorge qui il padre, il quale le prospetta una vita felice in patria con il suo amato; per fare ciò però bisognerà prima carpire da Radamès la via che seguirà l’esercito egizio e sconfiggerlo. Aida inizialmente si rifiuta, ma poi cede sotto la minaccia di ripudio del padre. All’idea della fuga in Etiopa con la sua amata, Radamès rivela, senza volerlo, la posizione dell’esercito. A questo punto Amonasro palesa la sua vera identità di re etiope e Radamès comprende di aver tradito il suo popolo. Amneris torna dal tempio in quel momento e accusa Radamès di tradimento, Amonasro prova ad ucciderla ma il capo dell’esercito lo ferma. Aida e il padre fuggono, mentre Radamès si consegna a Ramfis.
Atto IV. Amneris è disperata; è disposta a fare di tutto pur di evitare la condanna per tradimento di Radamès. Lo convoca offrendogli una via di salvezza, ma Radamès, ormai distrutto senza Aida, rifiuta. Di fronte ai sacerdoti rinuncia a qualsiasi difesa e viene condannato così ad essere sepolto vivo. Nella tomba, Radamès ode un suono: è Aida che, entrata furtivamente nel sepolcro, è decisa a morire con il suo amato. I due, stretti in un abbraccio, attendono l’arrivo dell’angelo della morte, mentre nel tempio Amneris prega per l’anima di Radamès.
Aida
Aida è l’opera che più di tutte porta con sé un immaginario spettacolare carico di stereotipi: l’antico Egitto da cartolina, la grandiosità degli apparati scenografici, una certa ridondanza complessiva che tuttavia non obbliga a una lettura oleografica ma suggerisce soluzioni simboliche: «perché è anche una fra le opera più intime e toccanti – spiega Francesco Micheli – e lasciandosi guidare dai colori della partitura e dalle architetture della drammaturgia si può far rivivere la vicenda non solo nel dettaglio orientaleggiante di massa ma anche nella proiezione gigantesca di colori, forme e nessi di significato che ciascun personaggio, canta e recita per noi: moderni geroglifici, cibernetiche icone ch codificano la vicenda venendo disegnati non nella minuzia di un’osservazione ravvicinata ma nell’immanente enormità della scena». Un’Aida esteriormente “contemporanea” ma negli intenti soprattutto narrativa, simbolica, metaforica «fiduciosa nel potere del mezzo tecnologico – aggiunge Micheli – che s’intreccia con rinnovata fedeltà all’invenzione verdiana il cui orientalismo ebbe come cornice alcuni eventi del secondo Ottocento rivoluzionari, modernissimi e iper-tecnologici a loro volta, come l’apertura del Canale di Suez».
L’allestimento del 2014 – salutato molto favorevolmente dalla critica che ne ha lodato, fra l’altro, per l’eleganza e la concentrazione con cui accompagna l’ascolto – è stato ulteriormente perfezionato entro un percorso di riflessione e maturazione «ed è cresciuto – continua il regista – lavorando ulteriormente sulle parole scritte e sui simboli che si fanno scenografia e, in generale, considerando il risultato di tre anni fa come un punto di partenza, dal quale agire per incrementare ulteriormente l’intensità espressiva, focalizzando ancor più l’azione sulla similitudine tra tablet odierno e tavoletta dello scriba egizio che racconta e scrive la storia».
La superficie e le dimensioni con cui vengono realizzate queste metafore visive e narrative riporta al tema, ineludibile nell’Aida, della dimensione monumentale «che rispettiamo pienamente – conclude Micheli – facendo un uso spettacolare delle proiezioni ma senza dimenticare che uno dei principali obiettivi di Verdi era quello di interpretare il transeunte, di spiegarci che “sic transit gloria mundi”, descrivendo il personaggio di Radamès dapprima come un divo intoccabile e poi, nel giro di un atto, un traditore, benché suo malgrado, arrestato e condannato a morte. Tutto il suo trionfo svanisce in un soffio. L’overdose di sfarzo e ricchezza non l’abbiamo realizzata con elefanti e portantine ma con simboli, “icone”, più leggeri ma al contempo più icastici, tendendo a rispecchiare una realtà: quella dell’uomo che combatte tutta la vita per il potere e la fama ma poi non ha più nulla e resta solo, solo come Aida, donna che vive un dramma di solitudine. Da questi significati ultimi sentiamo di poter fortemente collocare quest’opera nel contesto della programmazione attuale dedicata e ispirata a un Oriente che invita al dialogo e al sincretismo, e di poter tornare a quel che si scrisse il 17 novembre 1869, quando venne inaugurato il Canale di Suez: “Le due estremità del globo si avvicinano; avvicinandosi si riconoscono; riconoscendosi, tutti gli uomini avvertono il trasalimento gioioso della loro mutua fraternità! Occidente! Oriente! Avvicinatevi, guardatevi, riconoscetevi, salutatevi, abbracciatevi! Che un soffio divino discenda su queste acque! Che passi e ripassi da Occidente a Oriente e da Oriente a Occidente! Che questa via serva per avvicinare gli uomini gli uni agli altri”». (f.t.)